Al di là

Ora che sono morto non ho più freddo. Ho sentito gli uccellini cantare, penso sia mattina o quello che una volta doveva esserlo. Ho respirato un vago profumo di incenso. Mi piaceva quando mia madre lo accendeva il venerdì mattina, come per dire oggi è il nostro giorno. Ora che sono morto non ho più 29 anni e un figlio di 2 da tenere al caldo fra il corpo di Sarah e il mio. Un bimbo che non ha visto che disastro intorno a lui. Ora che sono morto lo chiamo. Rohan, lo chiamo. Ma lui non mi sente, io non lo posso vedere. Qui dove sono ora c’è come un grande silenzio pieno di felicità. Come ad essere seduto fuori il negozio di tuo padre, è mattina presto e lo zio, quello ricco ti ha messo in bocca una caramella. E allora tu chiudi gli occhi e la caramella è tutto quello che resta del mondo. E ti giri in bocca quella gioia che ti fa le labbra color delle ciliege.

Ora che sono morto sono solo vapore di memoria. Appartengo a un confine senza saperlo riconoscere e tracciare.

Il confine è l’ultima cosa che ricordo. Fra noi e il Pakistan. Da questa parte i talebani con la loro prigione nella testa. Che per il potere usano il nostro Dio e lo trasformano in bandiera. Che uccidono le donne, che danno le bambine in pasto a vecchi uomini che assomigliano di più a porci che ad essere umani. Ora che sono morto non provo più rabbia. Non c’è più la paura quando la canna del mitra ti guarda negli occhi. Non c’è più mio figlio che piange mentre scappiamo. Mentre Sarah dice, nonostante tutto, guarda che meravigliose stelle sopra di noi. Dio è grande, Dio ci proteggerà.

Ora che sono morto Dio non lo vedo. E non ho più lacrime. In questo sangue di vapore che sono, ci sono tutte le storie del mondo e le mie sono scritte in oro, come nel sacro Corano del Muezzin. Ma Dio non lo vedo. Sono le storie del mondo, forse che Dio è proprio questo intersecarsi di strade, di scelte, di possibilità.

Ora che sono morto non so niente. Non sono niente. Sento che lentamente i pezzi di me mi lasciano. Come quando si stacca la pelle dopo che il sole te l’ha bruciata. Vanno le immagini. Mia madre è qui vicino a me, la sento ora. Anche mio padre e mio fratello. Non sapevo di mio fratello. È qui anche lui, lo posso percepire. Non so dire come. Forse come quando sei in una stanza al buio e sai che c’è qualcuno lì con te. Come un respiro. Mio fratello è morto. Mio fratello Ibrahim. Mio fratello che si è rifiutato di diventare uno di loro. Mio fratello che è scappato prima di me mentre correva senza voltarsi indietro.

Penso a lei e al mio bambino. Loro non ci sono. Loro non sono qui e se solo potessi sorridere lo farei. Dio è grande. Dio li ha salvati e le stelle li proteggeranno. Mio figlio diventerà grande e tornerà a casa, un giorno, finalmente. In un paese libero in cui le preghiere saranno carezze e non sassi. Mio figlio sconfinerà i confini, io lo so.

Ora che sono morto sento la pelle del mondo staccarsi, diventiamo altro, divento altro. Non mi chiedo più perché. Ora lo so.


Racconto scritto durante FUCINA OKAPI NARRANTE, collettivo in-stabile di scrittura.

 

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