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Al di là

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Ora che sono morto non ho più freddo. Ho sentito gli uccellini cantare, penso sia mattina o quello che una volta doveva esserlo. Ho respirato un vago profumo di incenso. Mi piaceva quando mia madre lo accendeva il venerdì mattina, come per dire oggi è il nostro giorno. Ora che sono morto non ho più 29 anni e un figlio di 2 da tenere al caldo fra il corpo di Sarah e il mio. Un bimbo che non ha visto che disastro intorno a lui. Ora che sono morto lo chiamo. Rohan, lo chiamo. Ma lui non mi sente, io non lo posso vedere. Qui dove sono ora c’è come un grande silenzio pieno di felicità. Come ad essere seduto fuori il negozio di tuo padre, è mattina presto e lo zio, quello ricco ti ha messo in bocca una caramella. E allora tu chiudi gli occhi e la caramella è tutto quello che resta del mondo. E ti giri in bocca quella gioia che ti fa le labbra color delle ciliege. Ora che sono morto sono solo vapore di memoria. Appartengo a un confine senza saperlo riconoscere e tracciare. Il confine è l’ulti

La fotografia.

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Nella fotografia ci siamo Arsen ed io. Siamo nel nostro letto. In mezzo a noi c’è nostra figlia Iskra. Lei è la scintilla della nostra vita. Ha 7 mesi e guarda dritta nel cellulare che sta scattando la foto con l’autoscatto. Lei guarda lontano, dopo di noi, dove non esistono guerre e confini. Io mi chiamo Olena e sono russa. La mia famiglia è originaria di Serghjev Posad, un paese vicino a Mosca. Sono nata e cresciuta lì. Ha 23 anni ho fatto una scelta. Continuare i miei studi nel ventre marcio della santa madre Russia o andarmene. Ho deciso: me ne sono andata. Il governo russo è un palo nel culo per chi ama la libertà. Io suonavo in un gruppo metal di sole ragazze e due di loro le hanno arrestate, farneticando che con il loro comportamento attentavano alla morale. Non importa se la morale brucia costantemente nei bidoni vuoti della povertà. Mentre i ricchi sono sempre più ricchi, alla faccia di Majakovskij e tutti gli altri poeti. Non mi fraintendete, io amo mamma Russia. Lei sa ess

Anja

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L’oscurità è una coperta sudata in un giorno caldo di giugno. Vladimir è chiuso in casa da 3 giorni. Mangia fragole e vino. Patatine e birra. Suda. Fuma. Nel posacenere, come morti d’una guerra, stanno i suoi filtri spappolati, arrivati all’osso del tabacco. Vladimir beve un caffè, sono le 4 del pomeriggio ma per lui potrebbe essere qualsiasi ora del giorno e della notte. Quest’estate è un tarlo che gli consuma il cuore. Pensieri che non trovano pace, tornado di immagini che non lo lasciano stare. Quest’estate è una melodia che insegue al pianoforte, continuamente. Una musica che segue ma che non trova. Si sente come un bambino perso in una foresta. I tasti neri e bianchi sono il suo sudario. Vladimir che ha 39 anni, un diploma in conservatorio in composizione. Vladimir che fin da quando ha 4 anni prova a essere quello che è muovendo le dita così come i monaci si mettono a mani giunte per pregare. Il suo bacio è l’aria che diventa leggera tutto d’un tratto. Il do diesis che da inizio a

Nell'universo a noi conosciuto.

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  È caduto fuori dallo schermo della televisione. Nessuno in casa se n'è accorto. Luigia sta cucinando un pollo alla diavola. Marta è in camera sua a fare i compiti di inglese per la verifica del giorno dopo. Armando non è ancora rientrato dal secondo turno di lavoro. Fabbrica di tappi per flaconi farmaceutici. Un lavoro che odia ma che gli ha permesso di regalare una 4k di smart televisione, nuovo arrivo natalizio in casa Tresoldi. Marta aveva cacciato un urlo di gioia appena l'aveva vista. “Posso guardarmi le Miracle Tunes in formato gigante!”, aveva gridato con quella sua vocina che trapana lo stomaco. Lui, Armando aveva pensato invece all'Inter, alle partite di Coppa, alla finale di Champion. Al fatto che ormai a 49 anni la vista era pari a quella di una talpa cinese. “Mi risolverà la vita”, aveva detto a Luigia, per convincerla dell'acquisto importantissimo. Lei, dal canto suo, avrebbe preferito un Bimbi, l'aggeggio per cucinare che fa tutto lui ma suo marito a

Sulle gambe

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Dedicato ad Arturo Guerreschi, detto il Signor Mino. Per i suoi racconti, per il suo esempio, per l’amicizia che sempre ci legherà. E mi tiene sulle gambe, come non faceva più da tempo. Mi tiene sulle gambe e il suo respiro è la primavera che viene. Davanti il lago, le anatre, due svassi, un cigno che plana sull’acqua maestoso e arrogante. Gli alberi che mettono fiori, le loro radici felici del sole che riporta Persefone fuori dall’Ade. Il cielo è terso, in una tonalità di blu che non vedevo da tempo. Da quanto non venivo qui , gli dico. Da quando non ci veniamo più insieme , risponde lui. In quell’azzurro passa un aeroplano. Sorride. Sorride sempre quando passa un aereo. Lui li guidava da giovane. Nella seconda guerra mondiale era in aviazione, mi ricorda, strizzandomi l’occhio come per dire: faccio apposta, lo so che la sai questa storia. Lo so che te l’ho raccontata almeno un milione di volte. Ma stavolta no, non te la racconto. E invece sono io che approfittando del salto di uno sc

in un punto della notte.

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qui sul prato, o mia piccola voce, mi sono fatto d’api per volare e parlare miele. ma la nebbia è un cubo bianco e solido. dove siamo? chi chiamiamo? qui, fra notabili e giudici e spie e roditori di porte, io non voglio imparare la parola giusta. ma cantare ancora la mia piccola parola sincera. non mi prenderete nella morsa dei colletti. io sono per il pugnale o per la carezza. il tiepido mi nasconde. per questo innalzo tre colonne  per ogni lato di mondo e le faccio preghiera.   si possono schivare gli sguardi.  lanciarsi nella mischia da soli.  rimanere parte del cielo.   è una conquista cadere. 

Lacrime di fuoco

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Mustafa se sta a brucià! - l’urlo arriva dal centro della piazza. Ripetuto più volte. Gridato a voce nuda, a spaccare a metà il cielo. Un urlo e una vampata di calore che rende sfocata, per un attimo, la facciata della cattedrale che come un gigante osserva la piazza da così tanti anni. Mustafa se sta a brucià! - la voce potente si fa largo nei padiglioni auricolari della città. Scuote il cuore, incendia l’anima. Andrea tiene per la mano sua madre. Ha 8 anni. Andrea che si commuove per un film, Andrea che ha regalato tutti i suoi pastelli a un suo compagno di classe, perché non li aveva. Andrea che è a Milano per la prima volta. Tutto gli sembra così grande. Tutto diverso dal suo piccolo paese. I palazzi, tutta questa gente che gli si muove intorno, questa chiesa gigantesca. Così bianca, così bella. E poi le vetrine addobbate per Natale. Il grandissimo albero pieno di luci colorate. Le bancarelle di legno. Andrea che mangia un pezzo di marzapane a forma di anguria, felice come una re

#cicalio

#cicalio c'è stato un momento in cui anch'io scrivevo di me. poi ho smesso, perché non mi trovavo. nemmeno all'occorrenza. nemmeno andando in fondo. a fondo. c'è stato un momento in cui m'hai reso felice. è successo con poco. una goccia nella crudeltà. l'infinito sul palmo della mano. perché vorrei dirti di non voltarti indietro. che il passato ci lascia di sale. vorrei dirti di metterci un piede all'indietro e uno in avanti alle cose, ma poi restare a guardare il cielo, in meraviglia d'esserci, appena. c'è stato un momento in cui ho creduto alla vita nascosta degli angeli. e ti toccavo fra le scapole per sentire se c'erano ali. c'è stato un momento in cui lo spavento è rimasto accucciato per terra. come un cane ai piedi del padrone. e non ho pianto per un nonnulla. non mi sono aggrappato ai cornicioni. c'è stato un momento in cui eravamo tutti più buoni. compreso me.